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Infortunio: responsabilità datore di lavoro ed esclusione del subappalto

21/07/2015

La Corte di Cassazione Penale, sez. IV, con la sentenza n. 24470 dell'8 giugno 2015, ha rigettato il ricorso del datore di lavoro che chiedeva di riconoscere il regime del subappalto di un lavoratore che lavorava nel suo cantiere e che era caduto a tre metri da un parapetto riportando lesioni personali, in quanto costui assume la posizione di garante della sicurezza del cantiere nel momento in cui inserisce l'operaio nell'organizzazione aziendale.

Il fatto
Un operaio ha presentato ricorso al Tribunale di Termini Imerese, nei confronti del suo datore di lavoro, per essere caduto da un parapetto a tre metri dal suolo e aver riportato lesioni personali, con la conseguente incapacità di espletare la sua attività lavorativa.
Per queste ragioni, il lavoratore ha denunciato il datore di lavoro per la violazione delle norme sulla tutela della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, in particolare per la mancata adozione delle misure di sicurezza in cantiere e per non aver provveduto ad evitare la caduta dall'alto di cose e persone.
In primo grado, il giudice ha accolto il ricorso del lavoratore, condannando il datore di lavoro al reato previsto dall'art. 590 del codice penale e al risarcimento danni in favore del lavoratore.
Per tale ragione, il datore ha presentato ricorso in Appello, e la Corte territoriale ha deciso di confermare la sentenza assunta in primo grado, affermando che la società non aveva disposto le opere provvisionali anti caduta per l'operaio, che doveva occuparsi della demolizione e la ricostruzione di un muretto che dava sul vuoto e che, per poterlo intonacare, avrebbe dovuto sporsi.
Il datore di lavoro decideva quindi di proporre ricorso per Cassazione, affermando che il suo ruolo non fosse quello proprio del "datore di lavoro" in quanto le opere murarie erano state commissionate all'operaio dai proprietari dell'immobile, e che pertanto, l'operaio andava considerato come lavoratore autonomo che aveva assunto un'obbligazione di risultato.
Secondo il datore di lavoro, non aveva pertanto interferito nell'esecuzione delle opere e chiedeva alla Cassazione di riconoscere che la fattispecie in esame rientrasse nell'ambito della cessione dei lavori in subappalto.

La decisione della Cassazione Penale
La Corte di Cassazione Penale ha ritenuto inammissibile il ricorso del datore di lavoro, in quanto nel ricorso per Cassazione bisogna rilevare un vizio di motivazione della decisione, e non chiedere al giudice di legittimità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni utilizzate dal giudice del merito né la rispondenza alle acquisizioni processuali (Cass. Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272).
Le Sezioni Unite, hanno più volte precisato che la Cassazione non si occupa di riesaminare gli elementi di fatto perché di questi se ne occupa il giudice del merito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945).
E, anche dopo la modifica dell'art. 606, lett. e) del codice di procedura penale resta preclusa, per il giudice di legittimità, "la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, dep. 23.05.2006, Rv. 234109).
Così, sulla questione, gli ermellini hanno concluso per affermare che non è possibile prospettare una diversa valutazione delle circostanze, perché è compito del giudice del merito (ex multis Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, dep. 28/04/1995, Rv. 201177; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181).
Peraltro, la Corte d'Appello, aveva già escluso che l'operaio potesse considerarsi come un subappaltante delle opere in quanto il datore aveva assunto l'operaio per un giorno di lavoro in più, in modo da completare l'intervento, e che pertanto il datore era da considerarsi in una posizione di garanzia. Inoltre, il datore aveva fornito il materiale occorrente per i lavori e aveva impartito precise direttive sul completamento dei lavori edilizi.
Pertanto, la corte territoriale aveva ritenuto di concludere per la non sussistenza dell'autonomia nell'esecuzione delle opere tipiche del contratto di subappalto.
Gli ermellini, hanno inoltre evidenziato che, in tema prevenzione degli infortuni sul lavoro, "l'imprenditore che si avvalga di maestranze in regime di subappalto ovvero anche di lavoratori autonomi, qualora provveda ad inserire dette maestranze nell'organizzazione aziendale, in assenza di specifiche deleghe al titolare della ditta operante in subappalto, assume il ruolo di garante, rispetto alla sicurezza del cantiere" (si veda Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28902 del 24/01/2013, dep. 08/07/2013, Rv. 255834).
Per queste ragioni, la Cassazione Penale ha dichiarato inammissibile il ricorso del datore di lavoro.


Il ruolo del coordinatore per la sicurezza nelle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare

14/07/2015

Con l'Interpello n.1/2015 la Commissione Interpelli presso il Ministero del Lavoro risponde ad un quesito "inerente i criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare".
La Federcoordinatori ha chiesto un chiarimento sull'art. 2 del decreto interministeriale del 04/03/2013 (criteri generali di sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione e apposizione della segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare). L'articolo prevede che l'adozione e l'applicazione dei criteri minimi di sicurezza descritti nell'allegato I, siano in capo ai gestori delle infrastrutture, alle imprese appaltatrici, esecutrici e affidatarie che devono darne evidenza nei documenti di sicurezza di cui agli art. 17, 26, 96 e 100 del Testo unico di Sicurezza. Osserva Federcoordinatori che gli articoli 17, 26 e 96 sono riferiti ad obblighi riconducibili al Committente ovvero al Datore di lavoro per la redazione di documenti di sicurezza [...], mentre l'art. 100 del Testo Unico fa riferimento al Piano dì Sicurezza e Coordinamento, redatto dal Coordinatore per la Sicurezza. In nessuna parte del decreto si fa riferimento alla figura del Coordinatore per la Sicurezza se non nell'art. 100. "Come dunque può rientrare la figura del Coordinatore in questo decreto? Quali i suoi compiti previsti?" chiede l'Associazione, che avanza un'ipotesi: "è possibile che invece che all'art. 100 si volesse far riferimento all'art. 90 relativo agli obblighi in capo al Committente o Responsabile dei lavori, tra cui vi è quello relativo la nomina del Coordinatore che redige il PSC?"
Secondo la Commissione, con il decreto interministeriale del 04/03/2013 viene "ampliato" il raggio di azione dei regolamenti previ genti, definendo i criteri minimi per la posa, il mantenimento e la rimozione della segnaletica di delimitazione e di segnalazione delle attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare. L'allegato XV, punto 2.2.1. lett. b), del d.lgs. n. 81/2008 stabilisce che il Piano di Sicurezza e Coordinamento, di competenza del Coordinatore per la Sicurezza, deve contenere "l'analisi degli elementi essenziali di cui all'allegato XV.2, in relazione: [...] all'eventuale presenza di fattori esterni che comportano rischi per il cantiere, con particolare attenzione ai lavori stradali ed autostradali al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori impiegati nei confronti dei rischi derivanti dal traffico circostante". Pertanto, secondo la Direzione Generale "il riferimento all'art. 100 del d.lgs. n. 81/2008 non appare inappropriato con le finalità del decreto in oggetto, anche se tra le figure elencate per l'applicazione dei criteri minimi non è espressamente menzionato il Coordinatore per la sicurezza".


Cantieri: come redige il POS un'impresa familiare

06/07/2015

La Federazione Nazionale UGL Sanità ha chiesto indicazioni al ministero del Lavoro circa l'interpretazione dell'art. 96 del Testo unico di Sicurezza nel caso in cui si trovino ad operare in un cantiere temporaneo e mobile un'impresa familiare: tale impresa deve redigere o meno il piano operativo di sicurezza riportando tutti i contenuti minimi previsti dall'allegato XV del d.lgs. n. 81/2008?
La Commissione Interpelli, con l'interpello n. 3/2015, ricorda che alle imprese familiari (di cui all'art. 230 bis del Codice Civile) si applica l'art. 21 del D.Lgs. n. 81/2008. Se le attività familiari operano all'interno di un cantiere temporaneo e mobile (art. 89, comma 1. lett. a), del d.lgs. 81/2008) esse devono redigere il Piano Operativo di Sicurezza, come previsto dall'art. 96 del TUS (Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti).
Ma la Commissione precisa: Il Piano deve riportare tutti i punti dell'allegato XV ad eccezione dei punti i cui obblighi non trovano applicazione nel caso delle imprese familiari, e "A titolo meramente esemplificativo e non esaustivo" la Commissione afferma che " nei POS delle imprese familiari non potrà essere indicata la figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, i nominativi degli addetti al primo soccorso, ecc."


Mancata formazione dei neoassunti, ecco chi ne risponde

23/06/2015

Vi presentiamo un interessante quesito giunto alla redazione della banca dati Sicuromnia di EPC Editore che riguarda la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio di cantiere occorso per mancata formazione di un carpentiere neo assunto.

Il Quesito
La responsabilità è del datore di lavoro o del lavoratore, nel caso di assunzione di un lavoratore, carpentiere dedito all'armatura del primo solaio di una palazzina in costruzione, che deve utilizzare una scala durante i lavori di banchinaggio, il quale al suo secondo giorno di lavoro cade, utilizzando la scala, senza ancoraggio e senza ricevere l'informazione adeguata?

Risponde Rocchina Staiano, Docente in Diritto della previdenza e delle assicurazioni sociali ed in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all'Univ. Teramo
L'art. 21 del D. Lgs. 626/1994 (oggi trasfuso nell'art. 36 del D. Lgs. 81/2008), prevede che il datore di lavoro provveda affinché ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione sui rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale e sulle misure e attività di protezione e prevenzione adottate in azienda. Inoltre, ai sensi dell'art. 22 del D.Lgs. 626/1994 (oggi trasfuso nell'art. 37 del D. Lgs. 81/2008), deve garantire che il lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni. Tale formazione deve avvenire in occasione dell'assunzione e del trasferimento o cambiamento di mansioni.
Da ciò si ricava che, in materia di infortuni sul lavoro, il D.Lgs. 81/2008, se da un lato prevede anche un obbligo di diligenza del lavoratore, configurando addirittura una previsione sanzionatoria a suo carico, non esime il datore di lavoro, e le altre figure ivi istituzionalizzate, se previste, alla responsabilità ed al controllo della fase lavorativa specifica, dal debito di sicurezza nei confronti dei subordinati. Questo consiste, oltre che in un dovere generico di formazione e di informazione, anche in forme di controllo idonee a prevenire i rischi della lavorazione che tali soggetti, in quanto più esperti e tecnicamente competenti e capaci, debbono adoperare al fine di prevenire i rischi, ponendo in essere la necessaria diligenza, perizia e prudenza, anche in considerazione della disposizione generale di cui all'art. 2087 c.c., norma "di chiusura" del sistema, da ritenersi operante nella parte in cui non è espressamente derogata da specifiche norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Ciò trova conferma anche nella giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., Sez. IV, 29 ottobre 2003, n. 49492; Cass. civ., Sez. lav., 18 maggio 2007, n. 11622; idem, di recente, Cass. Pen., sez. IV, 25 giugno 2014, n. 46820).
Inoltre, il dovere di garantire la sicurezza del lavoratore nello svolgimento delle mansioni alle quali è assegnato prevede, tra l'altro, l'obbligo, a carico del datore di lavoro, di informare i dipendenti dei rischi specifici connessi, in particolare come nel caso specifico, all'uso di un determinato prodotto chimico o sostanza tossica (Cass. Pen., sez. IV, 8 giugno 2010, n. 34771). Tale specificità, imprescindibile, non può arrestarsi all'esplicitazione di un mero divieto senza l'indicazione espressa delle conseguenze per la sicurezza e la salute che la violazione dello stesso può determinare. Siffatta carenza, peraltro, risulta aggravata nell'ipotesi in cui il lavoratore non risulti, comunque, essere stato destinatario di una specifica formazione in tema di sicurezza.

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In arrivo la semplificazione dell'attività ispettiva

18/06/2015

Con il Consiglio dei Ministri dell'11 giugno 2015 è stato approvato in esame preliminare il decreto per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale in attuazione della Legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Jobs Act).
Il decreto legislativo per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva prevede l'istituzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro. L'Ispettorato ha personalità di diritto pubblico, ha autonomia di bilancio e "autonomi poteri per la determinazione delle norme concernenti la propria organizzazione ed il proprio funzionamento.
La principale funzione dell'Ispettorato nazionale, risiede nel coordinamento, sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria. A tal fine, l'Ispettorato definisce tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento e detta le linee di condotta e le direttive di carattere operativo per tutto il personale ispettivo (compreso quello in forza presso INPS e INAIL).
Al fine di rafforzare l'azione di coordinamento con altri organi preposti alla vigilanza si prevede:
- la stipula di appositi protocolli, anche con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale onde assicurare l'uniformità di comportamento ed una maggiore efficacia degli accertamenti ispettivi, evitando la sovrapposizione degli interventi;
- l'obbligo per ogni altro organo di vigilanza che svolge accertamenti in materia di lavoro e legislazione sociale di raccordarsi con l'Ispettorato.


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